Perché l’amministratore non deve spegnere il conflitto, ma guidarlo: litigare con intelligenza è la chiave per affrontare i problemi difficili
Il grande equivoco del “volemose bene”
C’è una convinzione diffusa — e profondamente sbagliata — secondo cui l’amministratore bravo è quello che tiene tutto calmo, evita discussioni, e garantisce assemblee rapide e senza scossoni. Un’assemblea silenziosa viene spesso letta come segnale di pace. Ma attenzione: la calma apparente può essere solo la superficie di un condominio immobile, disilluso o peggio, spaccato in silenzio.
La verità? In certi momenti, litigare è necessario. E può fare bene.
Conflitto: problema o risorsa?
In condominio, il conflitto non è un’anomalia. È fisiologico. È parte della vita collettiva. Ma la differenza la fa il modo in cui lo si gestisce.
Saper litigare bene — con regole, rispetto, obiettivi chiari — è una competenza che ogni condominio dovrebbe imparare. E che ogni amministratore dovrebbe saper facilitare, non soffocare.
Perché spesso i problemi più gravi — morosità, lavori urgenti, spese straordinarie, convivenze difficili — non si risolvono con il quieto vivere. Si affrontano, anche duramente, ma con metodo.
Il ruolo (scomodo) dell’amministratore
Chi amministra un condominio non è (solo) un tecnico dei conti o delle scadenze. È anche — e sempre di più — un mediatore di relazioni.
E qui entra in gioco una delle sfide più delicate della professione: gestire il conflitto senza subirlo né evitarlo.
Il bravo amministratore non cerca di “calmare le acque” a ogni costo. Sa che, in certi momenti, deve restare nel mezzo del conflitto, guidarlo, dargli uno spazio ordinato, portarlo a una decisione.
Soprattutto quando:
- si devono affrontare spese impopolari ma necessarie;
- ci sono gravi ritardi nei pagamenti da parte di alcuni condomini;
- c’è tensione tra residenti per ragioni personali;
- alcuni proprietari cercano di bloccare sistematicamente ogni scelta.
Litigare bene: istruzioni per l’uso
Litigare bene non significa urlare, né cercare di avere sempre ragione. Significa:
- lasciare spazio al confronto, anche duro, ma su basi documentate;
- pretendere che ogni intervento resti sul tema e che le decisioni siano prese con trasparenza;
- aiutare chi parla poco a esprimersi, non lasciare l’assemblea in mano a pochi dominanti;
- usare il regolamento come strumento di equilibrio, non come clava.
Un amministratore preparato può — con l’aiuto di un buon verbale, tempi ben gestiti, e magari qualche tecnica di facilitazione — trasformare l’assemblea in uno spazio dove le divergenze diventano decisioni condivise.
Il condominio che cresce è quello che affronta
Nessun cambiamento nasce dal consenso immediato. Quando un condominio decide di rifare il tetto, risolvere una morosità grave o affrontare un contenzioso, non tutti saranno d’accordo all’inizio. Ma solo restando nel confronto — anche aspro — si può uscire con scelte più forti, più legittimate, più efficaci.
Ecco perché l’amministratore non deve avere paura del conflitto. Deve saperlo attraversare. Perché il conflitto gestito bene è segno di vitalità, non di fallimento.
Conclusione: il coraggio del confronto
In un tempo in cui tutti cercano soluzioni rapide e relazioni pacificate, saper litigare bene in condominio è quasi un atto rivoluzionario.
È il segno di una comunità che non si arrende all’indifferenza. E di un amministratore che non si limita a “tenere in ordine i conti”, ma aiuta le persone a prendere decisioni consapevoli, anche scomode, guardandosi negli occhi.
Perché in assemblea, la vera pace non è quella senza voci.
È quella in cui si discute — anche animatamente — ma si decide insieme.
A.L