martedì, 18 novembre 2025

Rimani sempre aggiornato

Ricevi le principali novità sul Condominio in tempo reale direttamente nella tua casella email. Iscriviti gratuitamente agli aggiornamenti di Benvenuti in Condominio

ULTIMI ARTICOLI

CONDOMINI DA SERIE TV – Gomorra: il condominio come zona di potere e paura

Facebook
X
LinkedIn
WhatsApp
Telegram
Email

Napoli, Secondigliano, Scampia.
Qui i palazzi non sono solo luoghi da abitare, ma territori da controllare, simboli di gerarchia, spazi di resistenza o sottomissione. In Gomorra – La Serie, il condominio assume una dimensione completamente diversa da quella rassicurante delle sitcom: non è rifugio, ma campo di battaglia.

Nel racconto crudo e spietato della criminalità organizzata, il contesto architettonico diventa protagonista. E ci mostra quanto l’ambiente fisico di un condominio possa influenzare – e riflettere – la realtà sociale.

Le “Vele” di Scampia: architettura dell’abbandono

I palazzoni di Scampia, con la loro struttura labirintica, sono lo scenario perfetto per raccontare il degrado urbano.
Progettate negli anni ’70 come esempio di edilizia “innovativa” e comunitaria, le “Vele” sono presto diventate simbolo del fallimento istituzionale:

  • mancanza di manutenzione,
  • assenza di servizi,
  • degrado fisico e sociale,
  • occupazioni abusive e criminalità diffusa.

In Gomorra, questi edifici diventano quasi personaggi, capaci di assorbire e restituire tensione, violenza, silenzio.

Ascensori come celle, scale come trappole

Nei palazzi della serie:

  • gli ascensori si usano per sfuggire alla polizia,
  • le scale diventano vie di fuga o imboscate,
  • i pianerottoli sono punti di controllo, dove si misura la presenza e il potere.

Il condominio, in questo contesto, non è più spazio di convivenza, ma strumento di dominio.
Chi comanda il condominio, comanda il quartiere. E questo lo sanno bene i Savastano, Ciro Di Marzio e gli altri protagonisti.

Le assemblee? Inutili. Decide chi ha il potere

In Gomorra, non c’è spazio per il regolamento condominiale. Non ci sono amministratori, né spese ordinarie da discutere.
Le decisioni si prendono altrove, spesso con il piombo invece che con la parola.

Eppure, anche qui si percepisce una forma di “organizzazione condominiale”:

  • chi pulisce la scala,
  • chi occupa l’ultimo piano,
  • chi può entrare o meno in certi spazi comuni.

Un codice non scritto che segue logiche parallele alla legge, ma altrettanto rigide.

La comunità? Sì, ma sotto sorveglianza

Paradossalmente, i palazzi di Gomorra mostrano una fortissima coesione sociale:

  • ci si conosce tutti,
  • ci si guarda le spalle (per difendersi o per controllarsi),
  • ci si appoggia… ma solo finché conviene.

È la versione distorta e cupa del condominio come luogo di scambio.
La solidarietà esiste, ma è condizionata dalla paura, dall’omertà, dal bisogno di sopravvivere.

Quando il palazzo diventa messaggio

In più di un episodio, le facciate dei palazzi comunicano qualcosa:

  • uno striscione,
  • un segno lasciato da uno sparo,
  • una luce che si accende o si spegne.

Il condominio parla, ma lo fa attraverso i simboli del potere. Non serve scrivere: tutti capiscono.
Un linguaggio non verbale, che sostituisce la bacheca condominiale con la minaccia visiva.

Il condominio come metafora del territorio

Gomorra ci mostra l’altra faccia della convivenza.
Un condominio dove l’ascensore non si blocca per guasto, ma per decisione “strategica”; dove il vicino non è da salutare, ma da tenere d’occhio; dove le chiavi non si duplicano, ma si rubano.

È una visione estrema, certo. Ma serve a ricordarci che la struttura architettonica condominiale, da sola, non basta a creare comunità.
Servono regole condivise, fiducia, presenza dello Stato.
Altrimenti, come in Gomorra, il palazzo può diventare una prigione a cielo aperto.

Redazione

10-12 OTTOBRE | VARESE - Palazzo Estense

1° EDIZIONE

Il Villaggio del Condominio

VI ASPETTIAMO IN FIERA!