lunedì, 4 agosto 2025

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“E se scoprissimo che siamo la maggioranza?” – Viaggio narrativo dentro il cuore del condominio italiano

La domanda è semplice. Ma, come tutte le domande semplici, porta con sé un terremoto silenzioso:
quante persone vivono oggi in condominio in Italia?

Non è curiosità da bar, né esercizio accademico. È una questione che dovrebbe stare sul tavolo di ogni Comune, di ogni Ministero, di ogni amministratore di condominio, di ogni cittadino che condivide pareti, rumori, scale e bollette con altri.

Una sera d’estate, una domanda che resta in testa

La scena è familiare. Una di quelle sere d’estate in cui il silenzio delle città è rotto solo dalle cicale e dalle voci dei bambini che si rincorrono nel cortile del palazzo.
Maria, amministratrice da dieci anni di un condominio a Varese, rientra a casa dopo una giornata passata tra sopralluoghi, preventivi e telefonate infinite. Si siede sul balcone e guarda le luci accese negli appartamenti di fronte. “Quanti siamo qui dentro?”, si chiede. “Noi che ogni mese ci scambiamo messaggi passivo-aggressivi sul gruppo WhatsApp del condominio, noi che votiamo in assemblea con più fervore che alle elezioni politiche. Ma quanti siamo davvero, noi condomini?”

I numeri che non conosciamo (ma che viviamo ogni giorno

La risposta – ufficiale – la dà l’ISTAT: oltre 43 milioni di italiani vivono in strutture condominiali.
Non solo nelle metropoli, ma anche nei piccoli paesi, nei centri storici, nei quartieri dormitorio, nei nuovi residence.

Il condominio non è un’anomalia: è la regola.
Eppure, continuiamo a comportarci come se fosse un’eccezione.
Come se fosse un fastidio da tollerare e non un’occasione da governare.

Viviamo insieme, ma progettiamo da soli

E qui nasce il paradosso.
Viviamo appiccicati – parete contro parete – ma la gestione delle nostre case spesso ignora il dato più evidente: che viviamo insieme.

Il condominio medio non è più la casa del nonno con due famiglie per piano. È un microcosmo complesso: anziani, famiglie, single, studenti, migranti, animali domestici, domande di sostenibilità e bollette alle stelle.
Eppure, ci ostiniamo a gestire i condomìni come se fossero immobili privati, isolati dal resto del mondo.

Se davvero sappiamo che la maggioranza degli italiani vive in condominio, non possiamo continuare a fare finta che ogni edificio sia un mondo a sé.

Ecco perché questo dato dovrebbe cambiare tutto

Sapere quanti siamo dovrebbe portare a politiche abitative pubbliche più efficaci.
Perché se milioni di persone vivono nello stesso contesto, è lì che vanno investite risorse, attenzione, innovazione.

Ad esempio:

  • Perché non esistono incentivi strutturati per la transizione ecologica dei condomìni, ma solo bonus a scadenza?
  • Perché non formiamo amministratori come veri manager dell’abitare collettivo, e non come meri esecutori di verbali?
  • Perché non pensiamo a reti di assistenza, di inclusione, di servizi interni al condominio, come biblioteche, spazi comuni, aree verdi condivise?

Siamo una comunità nazionale che abita la condivisione, ma non ce ne rendiamo conto.

Un esempio: la sostenibilità che parte dalle scale

Facciamo un esempio concreto.
Un condominio di 40 appartamenti consuma energia, produce rifiuti, usa acqua, ha caldaie, ascensori, impianti.
Ora, moltiplichiamolo per un milione di stabili.
Il condominio, preso collettivamente, è una centrale ambientale e sociale del Paese.

Eppure, nei piani di sostenibilità ambientale, nei PNRR, nei progetti delle amministrazioni locali, il condominio raramente compare come soggetto attivo.

Forse perché non sappiamo quanti siamo. O, peggio, perché non ci vediamo come un soggetto collettivo, ma solo come singoli con problemi privati.

La cultura che manca: dal conflitto alla comunità

Una delle cose che più colpiscono chi si affaccia per la prima volta alla vita condominiale è l’intensità del conflitto.
Il cane che abbaia, il vicino che cammina con i tacchi, le rate non pagate, le grigliate in balcone.

Ma la verità è che il conflitto nasce dove manca una cultura della comunità.

Se invece sappiamo che vivere in condominio è la norma, allora dovremmo educare alla convivenza, creare strumenti di dialogo, prevedere mediazioni, responsabilizzare gli inquilini, insegnare ai ragazzi – già a scuola – che la scala non è una terra di nessuno, ma un’estensione della propria casa.

Un futuro possibile: dal numero alla vision

Sapere che 43 milioni di italiani vivono in condominio dovrebbe portare a un cambio di paradigma.
Non solo numeri da statistica, ma motore per cambiare il modo in cui progettiamo le città e la società.

Un domani – non troppo lontano – potremmo immaginare:

  • Condomìni autosufficienti dal punto di vista energetico, che producono e condividono energia.
  • Spazi comuni trasformati in luoghi di incontro, coworking, biblioteche, doposcuola.
  • Figure professionali ibride, a metà tra l’amministratore e il mediatore sociale.
  • Piattaforme digitali trasparenti per condividere decisioni, dati, spese.

Epilogo: quel numero che racconta chi siamo

Maria, l’amministratrice di cui parlavamo all’inizio, ha spento la luce del balcone. Ma la domanda resta accesa.
“Quanti siamo?”
Siamo tanti, tantissimi.
Ma soprattutto siamo una possibilità.

Una possibilità di vivere meglio, consumare meno, litigare meno, aiutarsi di più.

Ma solo se smettiamo di pensare al condominio come a un luogo di passaggio.
E iniziamo a considerarlo un luogo di trasformazione.

Redazione di Benvenuti in CondominioViaggio narrativo dentro il cuore del condominio italiano