mercoledì, 23 luglio 2025

ULTIMI ARTICOLI

Alessandro, condominio seriale

Oltre ai nostri articoli, ci piace condividere anche spunti e commenti dei nostri lettori. Iniziamo con la lettera di Alessandro Lovati

“Mi chiamo Alessandro e sono un “condomino seriale”. Dopo i primi dieci anni vissuti in una casa rurale nella provincia di Novara, ho iniziato la mia avventura condominiale trasferendomi a Milano, in un complesso piuttosto grande. È lì che ho cominciato la mia vita sociale da condomino.


In effetti, ho iniziato a frequentare bambini e ragazzi, figli del dopoguerra, che abitavano nello stesso condominio. Attraverso le conversazioni che i miei genitori scambiavano, ho cominciato a comprendere le problematiche che caratterizzano una comunità condominiale: simpatie e antipatie, il rispetto delle regole, il cui controllo era affidato a un portinaio severo, soprattutto nei confronti dei bambini che correvano e facevano chiasso nei cortili, di chi lasciava oggetti negli spazi comuni o cercava di entrare per vendere qualcosa. L’unico a godere di una certa tolleranza era l’estraneo che offriva un servizio utile, come il “mulita” (il manutentore di coltelli e forbici, che si spostava con una bicicletta e una grande ruota), l’ombrellaio che riparava ombrelli, o il “bagatt”, che aggiustava scarpe e tacchi sul posto.

È proprio in quel condominio che ho cominciato a capire cosa fossero le “assemblee condominiali” e quali fossero i ruoli dei diversi attori coinvolti: il Presidente, l’Amministratore, il Segretario che verbalizzava, e i referenti di ogni scala (nel nostro edificio c’erano sei scale, ciascuna di cinque piani), nominati con il consenso degli altri condomini.
Partecipai a un paio di assemblee, accompagnando mio padre, ma mi risultava difficile comprendere la distinzione dei ruoli: ognuno parlava a caso, senza che ci fosse qualcuno che “dirigesse il traffico”. In una di quelle assemblee, mio padre fu nominato Presidente, ma sembrava più una formalità che altro: mi sembrava che non servisse a nulla, tanto tutto veniva gestito dall’amministratore, il mitico “Ragioniere”, sempre calmo e professionale, ma che mi metteva un po’ a disagio.
Nonostante la nomina, non cambiò nulla: me ne uscivo da quelle assemblee più confuso che mai.

Nel frattempo, mio padre decise di costituire una cooperativa tra colleghi e di costruire un condominio in provincia di Varese, dove ci trasferimmo, lasciando indietro amicizie e legami. Lì il condominio era un po’ diverso: le assemblee venivano gestite dall’amministratore della cooperativa, e c’era solo un segretario che si limitava a verbalizzare. Quando la cooperativa si sciolse, fu nominato un amministratore che gestì personalmente l’immobile, nominando però, come sempre, un Presidente di Assemblea con la solita frase: “Dai, chi fa il Presidente oggi?”. Anche se partecipavo più timidamente, mi chiedevo sempre a cosa servisse realmente quel ruolo e se il Presidente avesse delle competenze specifiche.
Poi mi sposai e mi trasferii nuovamente a Milano, naturalmente in un condominio, vicino a quello in cui avevo vissuto da bambino. In quel contesto, ero un inquilino, quindi partecipavo alle assemblee solo come ascoltatore (ma mi piaceva). Anche lì si ripeteva la solita procedura: “Chi fa il Presidente oggi?”. Ancora una volta, mi chiedevo cosa servisse, se il Presidente avesse delle competenze specifiche e che cosa dovesse fare.

Dopo qualche anno, mi trasferii di nuovo in provincia di Varese, dove, dopo un breve periodo in affitto, acquistai casa, sempre in un condominio, con l’intenzione di non muovermi mai più da lì. Le cose cambiarono perché, essendo diventato proprietario, partecipavo alle assemblee con diritto di parola e di voto. Eppure, anche in questo caso, nulla sembrava essere cambiato: l’amministratore sceglieva un condomino che firmasse il verbale come Presidente, e tutto finiva lì.
Poi decidemmo di sostituire l’amministratore, ma la musica non cambiò: la solita domanda “Chi fa il Presidente oggi?” e il solito condomino che, capiva appena di cosa si stesse parlando, firmava il verbale. Nulla di nuovo sotto il sole.
Fino a quando, un giorno, i rapporti tra un condomino e il resto del condominio si guastarono. Era chiaro che bisognava fare qualcosa per far capire a quel condomino che doveva rispettare le regole. Mi documentai a fondo, persi ore a leggere leggi e regolamenti condominiali, e alla fine chiesi di essere nominato Presidente dell’Assemblea. E così accadde.
Voglio precisare che la mia carriera professionale mi ha portato a partecipare o dirigere almeno cento assemblee societarie, con la presenza di almeno 400 persone. In quel contesto, il ruolo del Presidente era ben definito dallo Statuto e dalla Legge, e il rispetto delle regole era fondamentale per la riuscita dell’assemblea.
Quando mi ritrovai alla guida di quell’assemblea condominiale, l’amministratore non si aspettava che potessi dirigere i lavori in modo appropriato, secondo le regole e le procedure. Ma fu proprio grazie alla mia preparazione che riuscimmo a risolvere il conflitto con il condomino inadempiente. Questo riuscì, dopo aver tentato mille stratagemmi suggeriti dal suo legale, a rendersi conto che doveva rimediare al danno provocato e persino vendere l’immobile per evitare ulteriori conflitti con il resto del condominio.

Tutto questo per evidenziare l’esperienza che ho acquisito in oltre cinquant’anni di frequenti assemblee condominiali, sia come spettatore che come Presidente. Ho frequentato condomini di grandi dimensioni nelle metropoli, medi in provincia, e piccoli in città e in campagna, ma c’è sempre stato un comune denominatore: chi si offre di fare il Presidente dell’Assemblea?
Quali competenze ha? È preparato? Sa veramente cosa fare?
Queste domande vengono quasi sempre liquidate con sufficienza, come se non fosse importante. Ma io, dopo tutta questa esperienza, mi sono reso conto che la preparazione e la capacità di dirigere un’assemblea sono essenziali per la risoluzione dei problemi.

Purtroppo, spesso l’amministratore svolge contemporaneamente i ruoli di amministratore, segretario verbalizzante e presidente dell’assemblea, dirigendo i lavori senza che i condomini si rivolgano mai al Presidente, considerato un ruolo inutile e parassitario.
Per questo, credo che per ricoprire qualsiasi incarico o carica, siano necessarie competenze e preparazione. Alla luce di quanto detto, penso che anche il ruolo di Presidente dell’Assemblea condominiale, ancorché regolamentato dalla nuova Legge 220 dell’11 dicembre 2012, debba essere supportato da una certificazione che ne attesti l’idoneità.
Mi sembra che sarebbe utile creare un “Albo” di Presidenti di Assemblea condominiale, a cui possano accedere solo coloro che abbiano completato un corso preparatorio e abbiano superato un esame. Ogni condominio dovrebbe avere uno o due Presidenti certificati. In questo modo, si risolverebbero molti problemi procedurali e le assemblee si svolgerebbero in modo più fluido, nel rispetto delle leggi e dei regolamenti.”