
La vita è condivisione
Buongiorno condomini, in questo articolo torniamo a parlare di famiglie che vivono con persone con disabilità, entrando nel vivo di quello che potrebbe essere un meraviglioso esperimento sociale: convivere fianco a fianco con queste famiglie ed imparare a conoscersi da vicino.
Sto parlando del “co-housing” o per meglio dire “casa in condivisione”: vivere negli stessi spazi vitali con altre persone, abbandonare le proprie zone di comfort e cercare nuovi equilibri.
Il co-housing è spesso difficile anche solo condividendo la casa con un’altra persona (penso ai tempi dell’università) ma, al di là delle iniziali incomprensioni, sono tutte esperienze che possono cambiare e modellare il nostro mind set. È inevitabile che l’equilibrio della singola famiglia si modifichi, si rimodelli e acquisisca una nuova dimensione. Ora vedremo da vicino i contro e i pro di una scelta così difficile ma coraggiosa.
A livello umano e psicologico, incontrare ogni giorno una persona con disabilità ed entrare in contatto con la sua routine fatta di continui aiuti, sostegno e supporto può essere pesante; ci può essere il rischio di provare tristezza pensando alle sfortune di quella persona e indurci un atteggiamento, ancora molto frequente, di compassione e pietà. Andare d’accordo con caratteri opposti al nostro o anche solo con persone che hanno un vissuto completamente diverso non è semplice e, se non si è disposti a scendere a compromessi, la situazione potrebbe diventare critica ed emergerebbero problemi di incomprensione e quindi solitudine.
E anche la condivisione di uno spazio creato e arredato a proprio gusto può essere faticosa e l’altra persona potrebbe risultare invadente. Vi scrivo tutto questo perché ho lavorato molti anni in diversi centri residenziali per persone con ogni tipo di disabilità e vederle ed accudirle ogni giorno mi ha portato a considerarle una seconda famiglia.
Ho provato tutto ciò che vi ho in precedenza descritto ma ora voglio dirvi anche come la mia esperienza ma soprattutto il co-housing potrebbe arricchire la vostra vita.
Ora invece mi rivolgo direttamente alle famiglie con qualche consiglio utile per quando inizierà il lungo periodo delle vacanze estive.
I parenti delle persone con disabilità hanno una diversa visione della vita; il tempo aiuta loro a superare la disperazione iniziale e cogliere ogni momento come un dono, fatto di piccole e reali conquiste, di amore e di tanta forza di volontà. In questo contesto, non c’è lo spazio per perdersi in un bicchiere d’acqua o arrovellarsi la testa in problemi superficiali e alla fine facilmente risolvibili. Viene data importanza al presente, a ogni singolo attimo che, credetemi, racchiude fatiche e soddisfazioni. Si ringrazia per l’aiuto quotidiano che ricevono da amici e professionisti.
Inoltre, queste persone imparano a mettersi nei panni della persona con disabilità, a capire i loro stati d’animo, i loro ragionamenti e anche la loro visione del mondo; imparano a essere creativi per donare gioia in modo alternativo e, a volte, bizzarro rispetto al senso comune. Con loro, è necessario che l’adulto ritorni un po’ bambino e si lasci guidare dal proprio istinto per poter accogliere con occhi nuovi e privi di giudizio.
Questo articolo non è una guida pratica di come comportarsi convivendo con queste famiglie ma vuole essere un invito ad avere nei loro confronti un atteggiamento più libero, di accettazione ma soprattutto di ascolto e di conoscenza reciproca. Non bisogna mettere al centro nessuno in particolare ma tutti, all’interno della stessa casa, devono sentirsi amati e ben voluti e aprire il proprio cuore agli insegnamenti che la vita, spesso per vie stravaganti e impensabili, ci regala.
Giulia Riboldi