lunedì, 1 settembre 2025

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Dal rendering alla realtà: quando anche in Italia potremo vivere in un condominio stampato in 3D?

C’è un condominio, in Germania, che si sfoglia come una pagina di futuro già stampata. Un palazzo di tre piani, solido e reale, ma nato da una stampante 3D. Niente gru, niente betoniere che urlano all’alba, niente muratori sospesi tra ponteggi e correnti d’aria: solo un braccio robotico, preciso e instancabile, che strato dopo strato ha costruito pareti, curve e stanze come se stesse componendo un gigantesco modellino per adulti. E la domanda è inevitabile: quando potremo vedere qualcosa del genere anche in Italia?

Perché se la stampa 3D è ormai una realtà consolidata per oggetti di design, protesi mediche o componenti aerospaziali, vederla all’opera su larga scala – in edilizia abitativa – cambia tutto. Cambia la progettazione, cambia il modo di costruire, cambia il rapporto tra uomo e macchina. E soprattutto: potrebbe cambiare anche il condominio medio, quello che conosciamo bene, fatto di cappotti termici posticci, scale un po’ spelacchiate e parcheggi da reinventare.

In Germania, nel Land della Renania Settentrionale-Vestfalia, l’edificio progettato dalla Peri 3D Construction e dallo studio Mense-Korte rappresenta una pietra miliare: è il primo condominio multifamiliare interamente stampato in 3D in Europa, costruito secondo le rigide norme tedesche in materia di efficienza energetica e sostenibilità.

Ed è qui che entra in gioco l’Italia. Perché anche noi, forse più di altri, abbiamo bisogno di una rivoluzione edilizia. Il nostro patrimonio immobiliare è vetusto: secondo l’ISTAT, oltre il 60% dei condomini italiani è stato costruito prima del 1980. La maggior parte è energivora, poco flessibile, spesso priva delle più basilari dotazioni antisismiche. Ristrutturiamo, riqualifichiamo, ma continuiamo a rincorrere un tempo passato. E se invece guardassimo avanti?

Ma come funziona davvero un condominio stampato in 3D?

L’idea è semplice quanto rivoluzionaria: al posto dei tradizionali mattoni, una miscela di cemento e additivi speciali viene “stampata” da un braccio robotico seguendo un progetto digitale. Il sistema stampa le pareti strato su strato, lasciando spazi per porte, finestre e impianti. Il vantaggio? Tempi rapidissimi, meno sprechi, meno polvere, più precisione. E soprattutto una grande flessibilità architettonica, che permette di disegnare curve e geometrie complesse, impensabili con i metodi tradizionali.

Secondo i tecnici di Peri, un palazzo di tre piani può essere completato in poche settimane. Il che, in un Paese dove un cantiere condominiale può restare aperto per mesi solo per rifare i frontalini dei balconi, suona come fantascienza.

E in Italia? A che punto siamo?

Nel nostro Paese qualcosa si muove. Il primo edificio residenziale stampato in 3D è nato a Massa Lombarda (RA), nel 2021, grazie alla collaborazione tra WASP e Mario Cucinella Architects. Ma si trattava di un’abitazione unifamiliare, più sperimentale che abitativa. I vincoli normativi, le resistenze burocratiche e la frammentazione edilizia rendono difficile applicare subito questa tecnologia ai contesti urbani complessi, come appunto i condomini.

E poi, diciamolo: il nostro Paese ha un rapporto viscerale con la muratura tradizionale. L’idea di vivere in una casa “stampata” può evocare timori, dubbi, o semplicemente resistenze culturali. Ma attenzione: anche il cemento armato, un tempo, veniva guardato con sospetto. Oggi è ovunque.

Perché vale la pena parlarne adesso

Perché i vantaggi sono reali. Ridurre i tempi di costruzione significa anche abbattere i costi, e quindi offrire abitazioni accessibili. Significa consumare meno risorse, produrre meno rifiuti, limitare l’impatto ambientale. In un’epoca in cui l’edilizia è chiamata a fare la sua parte nella lotta al cambiamento climatico, non possiamo più costruire come nel dopoguerra.

E il condominio medio? Potrebbe beneficiarne in più modi. Immaginate un futuro in cui ristrutturare le facciate non significa più mesi di impalcature, ma solo la “ristampa” di un rivestimento esterno altamente isolante. O in cui sopraelevare un piano per creare nuovi appartamenti è un’operazione rapida, pulita, senza eterni litigi in assemblea.

Ci sono però alcuni ostacoli

Il primo è normativo: servono aggiornamenti nei regolamenti edilizi, nel codice civile, nelle linee guida per la sicurezza. Bisogna stabilire criteri certi per la certificazione di materiali e strutture stampate.

Il secondo è formativo: servono professionisti capaci di progettare in 3D, gestire cantieri digitali, supervisionare tecnologie nuove. Oggi, in Italia, sono ancora pochissimi gli ingegneri e gli architetti con queste competenze.

Il terzo è culturale: bisogna smettere di pensare che innovazione significhi precarietà. Una casa stampata in 3D può essere più solida, più sicura e più bella di una costruita con sistemi tradizionali.

Conclusione: il futuro arriva silenzioso

Non farà il rumore dei trapani né la polvere dei cantieri tradizionali. Il futuro dell’edilizia – anche condominiale – potrebbe arrivare con il suono regolare di una stampante che disegna muri come un artista con la penna.

Non sarà domani. Forse nemmeno tra un anno. Ma il giorno in cui, anche in Italia, si potrà dire “abito in un condominio stampato in 3D” non è così lontano. E noi, come sempre, saremo lì a raccontarvelo.

Perché il condominio non è mai solo un edificio. È una piccola comunità. E ogni innovazione che migliora la sua vivibilità è, in fondo, un pezzo di futuro per tutti. Anche per chi al momento non riesce nemmeno a cambiare la serratura del portone.

A.L